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La ricchezza

La Ricchezza

Per risollevare il capitalismo diffonderla e non concentrarla

 

di Guerrino Iacopini -

 

Pubblicato su Profili Italia anno I I numero 2, marzo 2009

 (clicca qui per leggere questo articolo nella versione editoriale)


Karl Marx e Friedrich Engels, con le loro teorie filosofiche, politiche ed economiche, che costituiscono la base ideologica del comunismo, hanno fortemente influenzato il XIX secolo. I due sostenevano, fra l’altro, che la condizione politica di ogni individuo dipendeva dalla propria condizione economica, pertanto era impensabile che un ricco fosse comunista mentre un povero no. La conseguenza di questo pensiero è stata la spietata lotta compiuta con ogni mezzo dai comunisti e dai poveri contro qualsiasi forma di ricchezza, perché considerata il loro principale nemico. Più si combatteva la ricchezza, più diminuivano i ricchi e aumentavano i poveri. I benestanti vedevano crescere esageratamente sia il denaro sia i beni materiali, mentre i bisognosi vedevano aumentare il loro stato di miseria fino alla povertà estrema, che causava loro il più alto grado d’infelicità. L’esatto contrario di queste dottrine è l’economia di mercato, meglio conosciuta con il termine di capitalismo: in altre parole quel sistema sociale caratterizzato dalla proprietà privata dei mezzi di produzione e la conseguente divisione tra classe capitalista e quella dei lavoratori, dove è riconosciuto il diritto a tutte le persone e società di acquistare e vendere beni capitali, compresi la terra e il lavoro, in un libero mercato, in cui ogni forma di proprietà e di scambio è svincolata dal controllo e dall’ordinamento statale. Per via delle teorie marxiste, il mondo è stato diviso sostanzialmente in due parti: il totalitarismo contro il libero mercato, la dittatura del proletariato contro il capitalismo, che altro non sono che la raffigurazione della povertà contro la ricchezza. La vittoria del capitalismo sul totalitarismo ha fatto si che oggi il patrimonio dei 200 individui più facoltosi del mondo è superiore al reddito totale del 41% della popolazione mondiale, in altre parole di 2.665.000.000 di persone. Questi dati confermano che non è la scarsa ricchezza il problema irrisolto, ma la sua concentrazione! La miseria può essere sconfitta solo con la ricchezza diffusa e non con quella concentrata. Più persone diventeranno ricche e meno poveri si avranno. Dove per “più persone ricche” non s’intende l’aumento della ricchezza soggettiva, al contrario indica l’aumento della ricchezza oggettiva. In Italia come nel mondo sta succedendo che la ricchezza concentrata sottrae soldi e spazi alla ricchezza diffusa: infatti nel nostro Paese la metà è concentrata nelle mani del 10% delle famiglie, mentre per le altre cresce l’indebitamento. Secondo uno studio della BRI (Banca Regolamenti Internazionali), in Italia e negli altri Paesi industrializzati, negli ultimi venticinque anni i guadagni delle aziende sono aumentati smisuratamente, sino ad arrivare al 31% del PIL, amputando i salari. John Maynard Keynes sosteneva che per impedire che il capitalismo si autodistrugga, esso ha bisogno di una continua regolazione, e forse proprio partendo da questo principio che il presidente francese Nicolas Sarkozy, in visita in Italia per il vertice italo-francese, ha dichiarato in un’intervista a “La Stampa” che “l’Europa è stata il motore delle iniziative finalizzate a rifondare il sistema economico e finanziario internazionale” e che “gli europei dovranno presentarsi uniti e determinati, poiché è in gioco la rifondazione del capitalismo”. Quello che oggi preoccupa non è la rifondazione del capitalismo, anche perché questo si aggiorna e acquista nuovi signifi cati in ogni epoca storica, ma come esso sarà rifondato nell’era della globalizzazione. La crisi economica che ha colpito l’intero pianeta per i politici e gli esperti del settore non è stata di certo una novità e neppure una sorpresa. L’accesso al credito facile e illimitato e le azioni finanziarie compiute ai danni dell’economia reale hanno prodotto un arricchimento per pochi speculatori finanziari e un indebitamento infinito per la gente comune, con il relativo aumento incondizionato della povertà, creando un “capitalismo senza capitale” dove la ricchezza raggiunge valori di estrema concentrazione e conduce inevitabilmente il ciclo economico alla sua fi ne, dando così origine ad una contrazione che a breve si trasforma in recessione, o peggio ancora alla stagflazione (recessione più aumento dei prezzi dovuto all’infl azione). In queste circostanze si assiste alla diminuzione della produzione e all’aumento della disoccupazione che immancabilmente porta a una crescita della povertà. I nostri giorni vedono un sistema fi nanziario dominare il mondo, all’interno del quale rischio e ricchezza sono virtuali, mentre la povertà è reale! La globalizzazione ha prodotto tanta ricchezza che non ha coinciso con l’aumento del benessere collettivo ma con il suo esatto contrario, che sta mettendo a rischio i valori fondamentali dell’umanità. L’economia globale, così come è strutturata, sta producendo sia la crescita della povertà sia insicurezza verso il futuro. Rifondare il capitalismo è a questo punto vitale per le economie di tutti i Paesi e ciò non deve significare frenare l’espansione dei mercati globali o adottare forme di protezionismo, ma individuare e indicare le regole da seguire perché il capitale abbia anche una funzione sociale. Per fare ciò occorre una governance nazionale e globale il cui scopo sia quello di trasferire i benefi ci del libero mercato non a pochi ma a tutti gli individui. Una governance che riconsideri primario il fattore umano rispetto ai fenomeni economici.

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